Vegliate e state in ascolto, solitari! Dal futuro giungono venti dal battito d’ala segreto; e a orecchi fini perviene una buona novella.
Voi solitari di oggi, voi che vi appartate, dovrete diventare un popolo: da voi, che scegliete voi stessi, deve nascere un popolo eletto – e da esso il superuomo.
In verità, un luogo di guarigione deve diventare la terra! Già l’avvolge un nuovo profumo, un profumo di salvezza – e una nuova speranza.
F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, parte I
Blog
MAMMIFERI DI LUSSO
Anche oggi il raid al mercatino ha dato i suoi gustosi frutti: nascosto in un angoletto il celebre “Mammiferi di lusso” dello scandaloso (all’epoca) Pitigrilli, nell’edizione del 1921. Proprio un secolo fa.
Immagino le nostre nonne giovinette leggere di soppiatto l’epigrafe e chiudere il libro arrossendo, per nasconderlo sotto il cuscino in attesa di furtive letture notturne…
SUI PARADISI ARTIFICIALI (1/7)
Questo è il primo di una serie di sette articoli, già pubblicati sulla rivista Artemedica, nei quali presenterò nelle sue linee generali lo studio sulle sostanze stupefacenti riportato nella sua interezza nel mio saggio “Paradisi Artificiali – le droghe e l’uomo da un punto di vista scientifico-spirituale” edito da Novalis e disponibile in vendita per chi volesse approfondire l’argomento (alcuni estratti sono contenuti in questo sito alla categoria “Libri”). Il metodo di indagine utilizzato si basa sulla Scienza dello Spirito, o Antroposofia, inaugurata da Rudolf Steiner un secolo fa, della quale è consigliato avere una conoscenza dei fondamenti per affrontare l’argomento.
Le sostanze stupefacenti non rappresentano solo un importante argomento dei tempi attuali, ma hanno giocato da sempre un ruolo di primo piano nel percorso evolutivo dell’umanità. Non si deve quindi commettere l’errore di considerarle unicamente dal loro lato fisico-sensibile con lo sguardo materialistico tipico dei nostri giorni, ma occorre studiarle con un approccio completo che consideri anche la loro storia, la geografia, l’osservazione delle entità vegetali dalle quali derivano, nonché le caratteristiche dei popoli presso i quali sono nate e si sono diffuse, ampliandone in particolare la conoscenza da un punto di vista soprasensibile che abbracci la loro attività spirituale. Infatti l’approccio rivolto alla prevenzione del loro abuso basato solo sul dato fisico e biochimico continua a rivelarsi fallimentare, se non controproducente.
Rudolf Steiner ha ribadito più volte l’importanza della conoscenza, l’unica e sola via che può permetterci di formulare un’idea propria sull’argomento e farci decidere – nella nostra individuale libertà – di prendere posizione e agire poi di conseguenza. Emblematico (e come sempre attualissimo) questo passo tratto dalla O.O.348 “Alcool e nicotina”, che riporta le parole di Steiner a conclusione di una conferenza del 1923 a Dornach, proprio agli albori dell’epoca del Proibizionismo americano.
“Si può quindi proibire ogni sorta di cose, ma gli uomini ricorreranno a qualcos’altro che non è stato previsto dalle norme ed è ben peggiore. Penso invece che le informazioni sugli effetti dell’alcol, come quelle che abbiamo visto oggi, possano in realtà agire in modo più efficace, conducendo gradualmente le persone ad abbandonare l’alcol con decisione autonoma. Informazioni di questo tipo non ledono la libertà umana, ma fanno in modo che qualcuno si dica: è davvero preoccupante che io venga danneggiato fin nelle ossa! Questo pensiero agisce sul sentimento, mentre le leggi agiscono solo sulla ragione. Verità autentiche, conoscenze vere agiscono fin nel sentimento. La mia convinzione è quindi che si possa arrivare a un’efficace riforma sociale solo facendo in modo che una reale informazione giunga a cerchie sempre più vaste, e ciò vale anche per altri campi analoghi. […] Questo è ciò che si deve avere prima di tutto nella scienza: il rispetto per la libertà umana, così che non si abbia mai l’impressione che si voglia imporre o proibire qualcosa, ma si parli di fatti. Quando una persona sa come l’alcol agisce, arriverà da sola a ciò che è giusto. Procederemo così sempre di più verso l’obiettivo che uomini liberi si diano da sé la loro direzione. A questo dobbiamo tendere, e poi potremo arrivare alle giuste riforme sociali.”
Quali sono queste “verità autentiche”, queste “conoscenze vere” di cui parla Steiner, in grado di agire fin nel sentimento? Non di certo le attuali campagne terroristiche antidroga o antifumo incentrate unicamente su dati fisio-patologici – tra l’altro frequentemente mistificati – che appunto non sortiscono alcun effetto preventivo, addirittura ottenendo spesso l’effetto opposto (il consumatore percepisce la falsità della comunicazione e finisce per ignorare qualunque rischio, arrivando paradossalmente a considerare la sostanza stupefacente priva di effetti nocivi). Le “conoscenze vere” che sono in grado non solo di arrivare al pensare libero dell’uomo, ma anche al suo sentimento e, conseguentemente, a far muovere la sua volontà, sono unicamente quelle che prendono in considerazione il “tutto” della realtà, formata dall’elemento sensibile e da quello soprasensibile che vi sta sopra, ignorato dalla scienza attuale.
Mosso da questi intenti ho iniziato qualche anno fa lo studio sul rapporto tra droghe ed essere umano, basandomi sull’eccellente lavoro di Ron Dunselman pubblicato negli anni ’90 con il titolo “In place of the Self. How drugs work”. In quel testo, per la prima volta, ho ravvisato il genuino intento di portare “conoscenze vere” all’umanità, senza quell’atteggiamento moralistico sempre presente in questo campo e che porta agli effetti deleteri del “fascino del proibito”. Partendo proprio dai vasti studi e dalle geniali deduzioni di Dunselman, mi sono addentrato in un lavoro complesso e affascinante che ha abbracciato tutta l’evoluzione dell’umanità nello spazio e nel tempo, in ambito storico, letterario, artistico, nonché, ovviamente, in ambito scientifico, geografico e botanico, dal momento che queste non sono altro che divisioni fittizie dell’unicum del sapere umano.
Ciò ha portato alla genesi del già citato saggio “Paradisi Artificiali – le droghe e l’uomo da un punto di vista scientifico-spirituale” edito da Novalis tre anni orsono. Alla pubblicazione del libro sono seguite, e proseguono, numerose conferenze dove ho sempre potuto riscontrare non solo l’interesse e il coinvolgimento del pubblico, ma l’effetto che la comunicazione di “conoscenze vere” sortisce in chi ascolta. Esse agiscono come un’illuminazione che ogni individuo elabora e porta in sé, giungendo proprio a quelle decisioni libere di cui parla Steiner.
In questo primo articolo tratterò dell’argomento in generale, delineando le caratteristiche di ogni gruppo di sostanze che poi verranno prese in considerazione singolarmente.
Come dividere le sostanze in gruppi che tengano conto della loro attività spirituale, della loro non casuale distribuzione geografica e antropologica, nonché del loro specifico momento di comparsa e massimo utilizzo nella storia? Basta lasciar parlare le sostanze stesse e, in particolare, le entità vegetali da cui derivano. Bisogna infatti tener presente che il principio attivo psicotropo non è che il risultato sensibile dell’elemento spirituale attivo nella pianta da cui deriva. Analogamente tale principio attivo di natura fisico-minerale non potrà ovviamente agire in maniera diretta sui corpi costitutivi dell’uomo (corpo fisico, corpo eterico, corpo astrale, organizzazione dell’Io), bensì su specifici organi o recettori che poi saranno a loro volta causa degli effetti animico-spirituali.
Come vedremo, ogni sostanza sarà portatrice di effetti molto diversi, ma tutte (compresi gli psicofarmaci di uso comune) hanno un imprescindibile minimo comun denominatore da tenere sempre presente: i cambiamenti di coscienza che ci si propone assumendo una determinata sostanza vengono raggiunti grazie alla sostanza e non grazie al lavoro cosciente del proprio Io (non a caso il libro citato di Dunselman si intitola proprio “Al posto dell’Io”). In tal senso le droghe possono essere viste come sostituti dell’attività e dello sviluppo dell’Io, quindi in linea generale agenti in senso anti-evolutivo. Tuttavia, proprio per la loro affinità alle forze dell’ostacolo, può capitare che in casi specifici possano fungere – sempre considerando la singola assunzione e mai l’uso cronico – da “scintilla” per innescare un importante cambiamento di vita nel consumatore, spingendolo a un lavoro attivo con il proprio Io. E qui torna il discorso sulla scelta libera dell’uomo che è l’unica a dare a posteriori un valore morale a sostanze o piante che esistono di per sé nell’ambito pre-morale della Natura.
Ogni pianta ci racconta dunque della sfera spirituale cui appartiene e dell’influsso che può esercitare sull’uomo. Partendo da Oriente e dai tempi più remoti della Storia, il papavero da oppio e la cannabis si dichiarano entità vegetali prettamente luciferiche, così come la conformazione geologica del territorio da cui provengono e il carattere animico-religioso-culturale dei suoi abitanti. Alla polarità opposta, nell’estremo Occidente, e in tempi più recenti, la coca e gli allucinogeni appartengono invece all’ambito di Arimane, non solo nelle loro forme e segnature, ma conseguentemente anche nell’effetto che procurano al consumatore. Nel mezzo stanno le droghe tipiche del Centro, come l’antico alcol e la recente ecstasy, sostanze portatrici degli impulsi di entrambe le forze dell’ostacolo, sia luciferica che arimanica.
Le droghe luciferiche si propongono di riportare l’uomo a stati di coscienza precedenti, di appagare illusoriamente in lui la nostalgia verso i tempi in cui viveva in uno stato paradisiaco di contiguità con le gerarchie celesti, senza il dolore ma anche senza la conoscenza (lo stato antecedente al “peccato originale”). Ovviamente, per fare ciò, queste sostanze devono svegliare una coscienza per immagini (come quella che appunto aveva l’uomo in epoche passate), spegnendo al contempo la coscienza di veglia propria del momento evolutivo attuale. Tipico di queste sostanze è il risveglio di immagini astrali (“sogni”) più che di immagini eteriche (“allucinazioni”), caratteristica invece di alcune droghe arimaniche. Ciò accade perché le droghe luciferiche agiscono con più forza sul corpo astrale e sull’Io del consumatore, nel loro intento di rievocare, creare atmosfere, sensazioni, emozioni, colorando di sentimento ogni percezione. Tutte le piante da cui si estraggono hanno bisogno di luce e calore, per cui vivono in zone calde o caldo-umide, e addirittura alcune di esse, come la cannabis, più hanno luce e calore, più riescono a produrre una droga con alto tenore di principi attivi. Per avere ancora qualche qualità che caratterizzi questo genere di droghe, da mettere in polarità con quelle arimaniche, possiamo pensare a qualcosa che tende a effondersi nel cosmo, ai colori pastello, al gusto del dolce, al “sulfur”, alla dilatazione, al sangue, all’isteria, al “solve”, a tutto ciò che tende verso l’alto, all’atmosfera di sogno, allo spegnersi della volontà, al sonno.
Al contrario, le piante che forniscono sostanze stupefacenti dall’effetto arimanico non amano la luce e tantomeno il calore: la coca cresce su altipiani a duemila metri di altezza, le altre sono funghi – dunque esseri del buio – oppure cactus che prediligono i climi freschi e che si difendono dal calore, senza aprirsi o concedersi a esso (come fa per esempio la cannabis che emette resina “donandola” al cosmo), piuttosto chiudendosi in se stessi e lasciando alle dure spine l’unica via di scambio con il calore esterno. La droga da cui si estrae il principio attivo è dura, fredda, non è un lattice o una resina come per l’oppio e la cannabis, ma una foglia come la coca, o un insieme di fibre che donano un principio attivo salino, cristallino. Accanto a questi caratteri possiamo pensare alla qualità dell’amaro, di un movimento che restringe (per esempio la vasocostrizione della cocaina e dell’ergotina), un movimento centripeto che mira al centro della Terra; possiamo pensare al “coagula”, al buio, al freddo, al nervo, al “sal”, alla sclerosi, alla nevrastenia, ai colori violenti, alla veglia.
Per quanto riguarda nello specifico gli allucinogeni arimanici, mentre le immagini che talvolta suscitano nel consumatore le droghe luciferiche sono visioni, sogni, illusioni sperimentate in uno stato più vicino al sonno che alla veglia (e sempre legate allo stato immaginativo di precedenti periodi evolutivi), quelle suscitate dalle droghe occidentali sono vere e proprie allucinazioni, perché aprono al consumatore l’accesso al mondo eterico che ancora non è dato all’uomo di esplorare, e sono sempre sperimentate in uno stato pericolosamente vigile di veglia. L’allucinogeno arimanico dona brutalmente al consumatore gli effetti di un’iniziazione mancata, gli dona precocemente accesso a un mondo che solo in un lontano futuro e in un successivo stato evolutivo sarà accessibile coscientemente all’essere umano (o nel post-mortem, ma in questo caso non coscientemente), a differenza delle droghe luciferiche, le quali invece mostrano al consumatore immagini di un mondo già vissuto in altre esistenze, più “rassicurante” in quanto ancora presente in qualche parte remota della coscienza. Del resto, per caratterizzare in due parole una qualunque azione arimanica potremmo semplicemente dire “il troppo presto”, e per quella luciferica “il troppo tardi”.
Da queste caratterizzazioni generali, possiamo evincere gli effetti delle droghe del Centro, le quali presentano, in tempi d’azione differenti, entrambi gli aspetti appena considerati.
Ora siamo pronti a partire per l’avvincente viaggio di scoperta delle sostanze stupefacenti, iniziando con il prossimo articolo dall’estremo Oriente con quella droga che esprime appieno l’entità luciferica, e che tanto è stata celebrata nell’arte e nella letteratura: l’oppio, con tutti i suoi micidiali derivati come morfina ed eroina.
LA MIA TORCELLO
È il mio luogo del cuore. Il primo fra tutti fin dall’infanzia. L’unico a essersi conservato identico a come l’ho conosciuto la prima volta, perché l’isola di Torcello ha avuto il suo splendore e la sua vita molti secoli fa e adesso riposa in braccio alla laguna nel suo eterno tramonto, senza il bisogno di andare avanti. Lasciatela così, vi prego, non violentatela. Lasciate almeno questo estremo lembo di silenzio fuori dal rumore del mondo e lasciatemi viverla ancora in quelle passeggiate solitarie al di là del campanile, dove si apre la laguna, quelle passeggiate che hanno ispirato gran parte del mio romanzo “Il Sole a Occidente”. Voglio assaporare ancora la sua bellezza struggente dal vivo, non solo nel ricordo, come ormai per tutto.
“Andavano a passeggiare lungo i lembi estremi dell’isola, intorno alla palude, dove nessuno aveva mai osato – o voluto – andare, dove esplodeva l’infinito della laguna settentrionale. Su quelle colonne d’Ercole si fermava il mondo da loro conosciuto e desiderato. Più oltre c’erano solo le vestigia sommerse dell’Antichità scampata alle distruzioni dei Barbari, c’era il fantasma di Romolo Augustolo, ultimo imperatore-larva dell’Impero Romano d’Occidente, che assisteva alla morte del suo impero ridendo, tra le congiure dei pretoriani e le carezze lascive delle cortigiane. Oh, non volervi, non potervi un po’ morire!
Rimanevano a respirare la palude e il ricordo della malaria nel silenzio totale. A volte si udiva il motore di un’imbarcazione lontana, altre un campanile che batteva i Vespri – chissà da quale isola – altre ancora il verso dei cormorani che volavano radenti sull’acqua, ma la maggior parte del tempo erano immersi nel silenzio, le mani e le labbra unite. Poi, quando il sole iniziava la sua discesa, si scuotevano appena in tempo per prendere l’ultimo vaporetto per Venezia, correndo mano nella mano per i canneti e attraversando il ponte del Diavolo fino all’imbarcadero.”
(Da “Il Sole a Occidente”, ed. Historica 2016)
UN AUGURIO SPECIALE
Un augurio speciale a chi ha combattuto e combatte per la libertà senza piegare la testa, fosse anche in una resistenza disperata, assumendosi i propri rischi senza mai dimenticare che quando un uomo non rischia per le proprie idee, o non valgono niente le sue idee, o non vale niente lui.
Ecco, vorrei che ricordaste nei momenti di sconforto – e ce ne saranno ancora tanti – che il tempo è galantuomo. Sempre. Ma dovete essere galantuomini anche voi.
Buon anno.
Foto Jurek Kralkowski
ROMA RUFFIANA
Roma ruffiana, quando mi scodelli un tale crepuscolo mentre sorseggio un Negroni, ti perdono tutto. Anche la buca che mi ha giustiziato la gomma della Vespa.
BUONE FESTE!
E ricordatevi che anni, amori e bicchieri non si devono contare mai!
OTTANT’ANNI FA
I nonni paterni Italo e Clara ad Ascoli Piceno, ottant’anni fa, in piena guerra.
Amo la spontaneità di questa foto e in particolare la delicatezza quasi smarrita con la quale mio nonno si appoggia al braccio di lei, invertendo la prassi. È lui a indossare la divisa, ma dal piglio, lo sguardo e il passo deciso, l’ufficiale sembra lei.
LE FORZE DELL’OSTACOLO
In questo particolare del maestoso “Fregio di Beethoven” di Klimt, da me fotografato alla mostra tuttora in corso a Palazzo Braschi (che vi invito caldamente a visitare), sono rappresentate le “forze dell’ostacolo” nella figura del mostro-scimmione Tifeo (rappresentazione delle forze materialiste) circondato dalle Gorgoni e da altre figure che simboleggiano i vizi.
Tale raffigurazione occupa la parte centrale delle tre in cui è diviso l’affresco, concepito come il percorso evolutivo dell’essere umano per raggiungere la felicità, qui rappresentata dal congiungimento con la donna amata. Quello del percorso evolutivo costellato da difficili prove è un tema da sempre presente, in varie declinazioni, in tutte le forme d’arte, dalla letteratura al teatro, dalle arti figurative alla danza.
Chiaramente la parte più dura del cammino è proprio l’incontro con le “forze dell’ostacolo” che vanno sconfitte e superate… Ma chi sono queste entità presenti in ogni tempo, filosofia o religione? Sono “buone” o “cattive”? Se consideriamo “buono” tutto ciò che favorisce l’evoluzione interiore e “cattivo” ciò che la ostacola, a tutta prima potremmo collocarle nella schiera dei “cattivi”, come appunto le ha rappresentate Klimt. Tuttavia, a uno sguardo più ampio, è proprio l’incontro e il relativo superamento di tali ostacoli che permette all’uomo di acquisire determinati gradini evolutivi altrimenti impossibili da raggiungere. Dunque, se l’uomo le supera ed evolve, si rivelano a posteriori entità “buone”; se al contrario soccombe ad esse, regredendo nella sua evoluzione, hanno avuto il ruolo di “cattive”.
La realtà è che non sono né buone né cattive, esse semplicemente “esistono” e svolgono il loro lavoro di ostacolatrici, poi è l’uso che ne fa l’individuo a donare loro una dimensione morale. Siamo sempre noi la misura di ogni cosa. E dobbiamo sempre tenerlo presente, in particolare in momenti “ostacolatori” come quello che stiamo vivendo, quando ci viene voglia di inveire contro il mondo o, peggio, di piangerci addosso, ciechi alle possibilità evolutive che ci offre una situazione impegnativa come l’attuale.
“LA MERAVIGLIA DEGLI EX-LIBRIS…” (PARTE II)
Disegno originale per una serie di miei ex-libris (formato maxi!) che andranno a ornare la mia collezione di libri fiumani. Regalo di compleanno dell’inarrivabile Massimiliano Mocchia di Coggiola.