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PIANETI, METALLI E UOMO (4/8): LO STAGNO E LE FORZE DI GIOVE

Jean Auguste Dominique Ingres, Giove e Teti (1811)

Il pianeta Giove, più vicino alla Terra rispetto a Saturno, è il più grande del sistema solare ed è sempre stato percepito fin dall’antichità come l’astro regale che rappresenta la brillante intelligenza celeste che ha formato l’universo, portando ordine dal caos, e che lo mantiene grazie alla sua saggezza cosmica. Zeus-Giove “padre degli dei e degli uomini”, come lo definisce Omero, dopo aver sconfitto i Titani regna sugli dei olimpici e sui popoli, portando forma ed equilibrio. Vedremo che queste qualità si riflettono nel metallo stagno, da sempre associato a Giove, i cui processi agiscono principalmente nel cervello e nel fegato dell’uomo.

Rispetto al suo “vicino” piombo, lo stagno ha in comune molte proprietà, ma anche importanti differenze: come il piombo è poco tenace, facilmente dilatabile e fusibile, nonché cattivo conduttore di elettricità e calore. Tuttavia non è tossico per l’uomo, ha una bella lucentezza (veniva un tempo utilizzato per gli specchi) e un suono puro, tanto da venir utilizzato in alta percentuale nel bronzo delle campane e in purezza per le canne degli organi da chiesa. All’opposto del piombo, è il più leggero dei sette metalli e, nonostante sia facilmente malleabile, possiede tuttavia una struttura cristallina interna. Avere malleabilità e struttura cristallina può sembrare una contraddizione, ma la vera particolarità dello stagno risiede proprio nel mettere in relazione tali proprietà: il rumore che si sente quando si piega una barra di stagno (chiamato “grido dello stagno”, simile allo scrocchio di quando ci si piega sulle ginocchia) è originato dallo scorrere delle strutture cristalline l’una sull’altra.

Perciò lo stagno ci si presenta come un metallo già formato ma nel contempo ancora da formare, in continuo equilibrio tra la forma plastica e la dissoluzione della forma, tra mobilità e possibilità di forma, grazie alle sue forze formative che non arrivano fino alla cristallizzazione. Non a caso viene utilizzato per le saldature, che ci portano per analogia all’unione tra le ossa tramite le cartilagini, ma anche al processo di pensiero logico che concatena, potremmo dire “salda”, un pensiero all’altro: cartilagini e cervello sono appunto ambiti di influenza del processo Giove/stagno.

Il suo tema è quindi “struttura in movimento” con formazione di un “confine plastico” (differente dal confine cristallizzato e definitivo visto per il piombo) o, per riassumerlo con una definizione di Steiner, “governo dei liquidi”. Infatti in medicina antroposofica trova indicazione terapeutica in presenza di un eccesso sia di consistenza che di fluidità, al fine di riportare le giuste proporzioni tra solido e liquido. Steiner stesso lo indica come metallo d’elezione nella cura dell’idrocefalia (il cervello, come si è detto, è appunto organo di Giove/stagno), ma anche per le funzioni delle sierose (iperidrosi o essiccamento), versamenti infiammatori, cisti, pericarditi, pleuriti e soprattutto per l’artrosi, altra sua indicazione principale, dove esiste in contemporanea il disseccamento e la perdita della forma delle cartilagini articolari. In questi casi si somministra addirittura stagno ponderale fino al 5% o si applicano direttamente foglietti di stagno sulla parte interessata. Viene utilizzato anche per curare il processo opposto alla degenerazione artrosica, ossia quando si verificano secrezioni patologiche di acqua nella capsula articolare, sempre con lo scopo di riportare l’equilibrio nel governo dei liquidi.

Quando si parla di governo dei liquidi, di equilibrio tra sciogliere e condensare, non si può non pensare al fegato, il grande alchimista del nostro organismo, che in effetti è l’altro organo del processo Giove/stagno. In esso è presente il ritmo tra solve (per esempio nel flusso della digestione) e coagula (nella formazione di sostanza, come il glicogeno) e lo stagno interviene nel ripristinare l’ordine nei disturbi dell’organismo-acqua epatico, come cirrosi o asciti.

Riassumendo, le tre principali azioni terapeutiche dello stagno risiedono nel portare plasticità nell’ambito fluido delle articolazioni, nel governare i liquidi del fegato e nel donare forma al cervello.

Anche gli squilibri psichici dovuti a problemi organici del processo Giove/stagno sono legati al cervello (base fisiologica del pensare) o al fegato (base fisiologica di determinati movimenti animici e di volontà), tenendo presente che questi due organi sono in continua interazione tra loro. Tale rapporto sotto il segno di Zeus è presentato in potenti immagini dal mito di Prometeo, punito da Zeus per aver donato troppo presto il fuoco (immagine di volontà-fegato) agli uomini: Prometeo-fegato (elemento di volontà) è incatenato a una roccia (elemento terrestre) e ogni giorno l’aquila-Zeus (elemento del pensare che dall’alto del cervello agisce in basso sui processi vitali) gli divora il fegato (processi epatici catabolici del giorno) che tuttavia ogni notte si riforma (processi epatici anabolici notturni). Se accade che l’aquila “scende” troppo e divora eccessivamente il fegato, i processi cerebrali predominano e si hanno disturbi come neurastenia, inibizione della volontà e depressione. Al contrario, se l’aquila non scende e non mangia il fegato, i processi vitali e metabolici iniziano a proliferare diventando autonomi, con problemi epatici, sentimenti senza controllo, accessi di collera. Risulta evidente che entrambi i processi sono inseparabili e interdipendenti, e devono convivere in armonia in un organismo sano (nella mitologia, Zeus e Prometeo in seguito faranno pace).

Jean-Louis César Lair, La tortura di Prometeo (1819)

Sollevando lo sguardo dall’uomo al pianeta Terra, la predilezione dello stagno per ciò che sta sospeso tra solido e liquido la possiamo trovare sorprendentemente anche nella distribuzione dei suoi giacimenti (ricordiamo che il giacimento del metallo puro si trova dove agisce senza interferenze l’influenza del corrispondente pianeta sulla Terra). Essi sono infatti localizzati prevalentemente nelle isole, come l’arcipelago malese o australiano, ma anche nelle isole della Gran Bretagna: nell’antichità il commercio dello stagno era operato dai Fenici che, secondo i Greci, lo estraevano dalle isole Cassiteridi sotto la Cornovaglia (probabilmente le attuali isole Scilly), dalle quali deriva il nome del principale minerale dello stagno, la cassiterite. Questa si presenta come una pietra preziosa, ben diversa dalla scura galena, principale minerale del piombo, perché è un ossido e non un solfuro. Anche nel legame preferenziale con l’ossigeno in luogo dello zolfo risiede una delle principali differenze tra i due metalli.

Cassiterite

Per concludere, diamo un rapido sguardo al “tipo gioviano”, ovvero quell’individuo nel cui corpo astrale sono predominanti le forze di Giove. Già a partire dall’aspetto fisico si presenta molto diverso dal plumbeo “tipo saturniano”: bello, imponente, testa alta e fronte larga, sguardo intelligente, dignitoso e calmo, ma anche benevolo e gioioso. Fin nei connotati fisici il tipo gioviano esprime l’autorevolezza e la regalità della sua indole. Amante delle buone maniere e dell’ordine, riesce ad appianare tutte le dispute riportando la pace e a raggiungere con naturalezza impieghi dirigenziali, rappresentando l’ideale di manager, giudice o uomo di governo. L’individuo in cui le forze gioviane sono squilibrate in eccesso sarà portato all’arroganza dovuta alla propria posizione sociale o lavorativa, alla ricerca di onori e riconoscimenti, mentre quando sono squilibrate in difetto avremo un individuo inetto, senza ragionevolezza né imparzialità o indulgenza, privo di qualunque attitudine dirigenziale.

Come si sarà compreso, il pensare è la principale qualità del gioviano e governa anche il sentimento e la volontà, donando un carattere equilibrato e un agire pacato e riflessivo. Grazie a ciò, il gioviano sviluppa fin da giovane un pensare attivo acquisendo un vasto sapere, con la capacità di potersi elevare fino allo spirituale, a livello delle idee universali. Ha inoltre uno sviluppato senso dell’arte, apprezzando soprattutto l’equilibrio della bellezza classica, con netto rifiuto di ogni forma disarmonica. Se il prototipo gioviano possiamo individuarlo nell’antichità in Socrate, nell’epoca attuale Steiner definiva Goethe un “uomo dello stagno”, ma non ci è difficile scorgere anche in Steiner stesso il tipo gioviano.

Joseph Karl Stieler, Ritratto di Goethe (1828)
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PIANETI, METALLI E UOMO (3/8): L’ARGENTO E LE FORZE LUNARI

Francesco Hayez, “Artemide”

Per avere una prima immagine del metallo argento quale espressione terrestre dei processi lunari, è sufficiente porsi in netta polarità con le caratteristiche del piombo esaminate nello scorso articolo: l’argento ha una meravigliosa lucentezza e un suono limpido e chiaro, si può forgiare finemente, ma fonde solo a temperature elevate. D’altra parte già l’avevamo incontrato al polo opposto rispetto all’inerte piombo nella scala di conducibilità elettrica, termica, di luce e suono, ponendosi primo tra i metalli presi in considerazione. Questa grande conduttività riflette, come vedremo, la sua caratteristica di restituire tutto e di non tenere nulla per sé, come invece fa il piombo.

Anche osservando l’argento in forma nativa lo vediamo manifestarsi all’opposto delle forme cristalline e strutturate del piombo (o degli altri metalli “soprasolari”), nelle cosiddette “forme organiche” che ricordano capelli, muschi e felci, tipiche anche degli altri metalli “sottosolari” e dell’argentite (solfuro d’argento), il più comune minerale dell’argento, di aspetto molto diverso dal solfuro di piombo (galena). Argentite e galena si trovano sempre insieme negli stessi giacimenti (localizzati prevalentemente a occidente, nel continente americano), come forze polari che si attraggono nelle profondità terrestri, come se non possa esistere piombo senza argento, che tra l’altro è il suo antidoto. Tuttavia la quantità maggiore di argento presente sulla Terra si trova finemente suddivisa nelle acque dei mari, portandole in connessione con la Luna che regola le maree. Ed è proprio la Luna, l’astro più vicino alla Terra, con la sua orbita mutevole e col suo rapido tempo di rivoluzione (28 giorni contro i 29 anni di Saturno) a conferire all’argento la sua straordinaria mobilità interna e ad agire sui liquidi terrestri.

Per comprendere l’azione della Luna sui liquidi bisogna risalire a remote epoche dell’evoluzione del nostro pianeta, quando la Luna era ancora unita alla Terra e le sue forze formavano un liquido vitale che la nutriva, conferendole le forze “materne”. In epoche successive la Luna si separò dalla Terra e le sue forze iniziarono ad agire dall’esterno, indirizzandosi prevalentemente sui liquidi e negli organi riproduttivi degli esseri viventi (si veda Steiner, O.O. 13 “La scienza occulta nelle sue linee generali”).

Ciò era noto alle antiche civiltà che rappresentarono le divinità legate alla Luna sempre come “madri primordiali”, donatrici di vita e di fertilità agli esseri viventi e alla Terra tutta, divinità che proteggono la nascita e governano la saggezza della Natura. Ishtar, Iside, Artemide, Astarte, Maria, sono spesso rappresentate su un disco di luna piena o su una falce di luna, fornite di evidenti attributi materni, dalle numerose mammelle dell’Artemide Efesina all’ampio abbraccio di Iside che tutto comprende, crea, nutre e protegge (più avanti troveremo queste caratteristiche nel “tipo lunare”).

La capacità dell’argento di trattenere nella sostanza tali forze lunari è utilizzata con successo in terapia: viene impiegato per i disturbi di rigenerazione (di pelle, tessuti, organi) accrescendo l’azione del corpo eterico sui liquidi del corpo fisico e agendo da regolatore dell’organismo-acqua. Poiché il processo Luna-argento è attivo in tutti i processi di crescita e sviluppo corporei (ricordiamo che il settennio di vita sotto la guida della Luna è proprio il primo, quando tutte le forze dell’essere umano sono impegnate nei processi di crescita), agisce con particolare efficacia negli organi genitali. Infatti le funzioni riproduttive sottostanno in pieno alla corrente lunare, dunque l’utilizzo dell’argento risulta indispensabile quando esse vanno stimolate o regolarizzate, come per esempio nei casi di dismenorrea o sterilità maschile o femminile (sempre in bassa diluizione). Un altro distretto legato alla corrente lunare è il cervello, organo in cui sono attive le forze della riflessione e che risponde alla terapia con argento.

È interessante notare come descrivendo le sue proprietà terapeutiche, abbiamo già nominato le tre caratteristiche principali del metallo argento: riflettere, riprodurre, rigenerare (chiamate anche “le 3 R dell’argento”) che ora andremo a esaminare singolarmente.

Cosa significa in natura “riflettere”? Significa restituire più o meno inalterata una luce incidente: solo l’argento ha la capacità di formare uno specchio perfetto. Se formiamo uno specchio con altri metalli, nell’immagine restituita ci sarà sempre qualcosa del metallo utilizzato (per esempio una colorazione rosa negli specchi di rame) o il metallo stesso tratterrà della luce in sé, e si avrà l’oscuramento come in uno specchio di piombo o di ferro. L’argento, che come abbiamo visto non tiene nulla per sé, non assorbe nemmeno in minima parte la luce raggiante restituendola intatta, e non vi mescola nulla del suo essere, si ritrae interamente, mostrando solo immagini speculari. Steiner affermava appunto che il piombo parla sempre di se stesso, mentre l’argento parla sempre di ciò che è intorno a lui. In fondo non fa altro che mostrare le sue qualità lunari condensate nella sostanza: la luna come uno specchio riflette la luce del sole e con lo stesso processo anche l’uomo, tramite il cervello, riflette i pensieri del mondo.

Per comprendere l’altra sua qualità, il “riprodurre”, basta pensare al processo fotografico. L’argento si lascia sciogliere facilmente dagli acidi formando sali sensibilissimi alla luce (all’opposto, ancora una volta, dei pigmenti al piombo che rifiutano la luce e rimangono inalterati per secoli) che tornano immediatamente allo stato di argento metallico una volta illuminati. La fotografia, fin dai suoi albori, si basa proprio sulla proprietà dell’argento di “materializzare” la luce: una lastra coperta di argento nitrato (bianco) viene impressionata dalla luce in alcuni punti e il sale lì torna argento metallico (nero), ottenendo così il negativo. Ripetendo il processo all’inverso si ottiene la fotografia… e che cos’è la fotografia se non un’immagine che riproduce senza alterazioni un attimo già passato?

La stessa qualità di riproduzione dell’argento la osserviamo nella sua capacità di riprodurre un suono chiaro e puro. Non si dice forse “una voce argentina”? Anche la sonorità che l’argento mostra nello spandere le proprie onde è una forma di eterna riproduzione. Ciò risulta visibile nel noto esperimento degli “anelli di Liesegang”, dove la macchia di cromato d’argento si espande in tutte le direzioni sotto forma di onde che si allargano in cerchi concentrici, come quelle di un sasso buttato in un lago, in ripetizioni ritmiche come le vibrazioni del suono.

W.A. Bouguereau, “Alma Parens” (1883)

Le qualità di ripetizione e ritmo ci portano alla terza “R”, il “rigenerare” presente nei cicli riproduttivi della natura che sottostanno alle forze ritmiche del processo lunare, basti pensare al germogliare delle piante o al ciclo mestruale. L’argento porta in sé queste forze di vita che si mostrano anche nella sua facilità a formare colloidi, cioè sali sempre in movimento, connessi con la vita (tutti i fluidi vitali come sangue o linfa sono colloidi). A tutto ciò va aggiunta la sua straordinaria affinità con lo zolfo, elemento della proteina e della vita: ne bastano tracce nell’aria, o quello prodotto dalla pelle, che l’argento subito annerisce. Questo processo, visibile per esempio su posate o gioielli d’argento, è chiamato erroneamente “ossidazione”, ma in realtà si tratta di una “solforizzazione”, dal momento che l’argento non reagisce volentieri con l’ossigeno. Ecco quindi che si delinea il binomio argento-vita, polare a piombo-morte visto nello scorso articolo: se l’argento ci aiuta sul lato della vita, il piombo sul lato dello spirito.

J. Vermeer, “La lattaia” (1660)

Ne consegue che il “tipo lunare”, cioè quell’individuo che possiede un corpo astrale con tratti dominanti lunari, si presenta affine alla vita fin nell’aspetto fisico: sempre fresco e vitale, dimostra meno anni, di aspetto rigoglioso e naturale, pelle bianca, labbra carnose, guance piene. Si accorda bene col temperamento flemmatico, infatti è sedentario, casalingo, legato alla famiglia, alla patria, ai legami di sangue, con uno spiccato senso di cura e premurosa protezione per le persone che costituiscono il suo nido domestico. La sua realizzazione di vita è costituita dal matrimonio e dalla famiglia, dalla maternità o paternità, mentre il fallimento in questi campi rappresenta la sua maggiore sofferenza.

Oltre che nella sua affinità alla vita, nel tipo lunare troviamo altre caratteristiche dell’argento nel suo essere in armonia con i ritmi della natura: va a letto presto e si sveglia al sorgere del sole per eseguire ogni giorno il suo lavoro quotidiano teso alla cura della casa e dei cari, in una routine che nella sua ripetizione costituisce la sua stessa ragione di vita. Ovvio che un individuo del genere sarà portato, e si realizzerà, in tutti quei mestieri che richiedono dedizione e assistenza o simbiosi coi ritmi naturali: agricoltori, allevatori, casalinghe, infermieri, maestre, assistenti sociali. Un eccesso di disposizioni lunari porta all’ossessione per la salute e i bisogni fisici, a un vivere materialista che spesso sfocia in una vita dissoluta e istintuale. Al contrario, una carenza configura un individuo privo di qualunque sano rapporto con la natura, la salute, il nido domestico, che rifiuta la famiglia o, quando c’è, se ne disinteressa trascurandola.

Nel prossimo articolo incontreremo Giove e il suo metallo stagno.

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PIANETI, METALLI E UOMO (2/8): IL PIOMBO E LE FORZE DI SATURNO

“Chi conosce Saturno conosce anche il piombo, chi conosce il piombo sa cosa rappresenta Saturno. Perché Saturno non è solo nel cielo, ma anche in fondo ai mari e nelle profondità della Terra.” (Paracelso)

Il primo processo planetario che andremo a osservare in questa serie di articoli è quello di Saturno, che si sostanzia nella realtà terrestre nel metallo piombo. Abbiamo visto nell’articolo introduttivo (1/8) che il piombo si pone al confine della scala di reattività dei metalli (relativamente ai sette presi in considerazione), risultando il peggior conduttore di suono, luce, elettricità e calore. Ciò inizia a dare un’idea della sostanziale passività di tale metallo, che si lascia afferrare dai fenomeni terrestri senza reagire o “restituire” alcunché. Assorbe qualunque vibrazione, anche sonora, infatti è il miglior isolante contro il rumore, ma assorbe anche tutte le radiazioni ionizzanti (raggi X, beta, gamma), l’elettricità in qualità di pessimo conduttore, la luce (non può esistere uno specchio di piombo) e il calore: fonde facilmente alla fiamma di una candela ma non permette al calore di propagarsi, infatti se si tiene in mano una stecca di piombo che fonde non si avvertirà alcun riscaldamento, e allo stesso modo rilascerà poco calore raffreddandosi. È totalmente asciutto e ha rapporto negativo con l’acqua, che respinge anche nei suoi minerali (per questo è stato molto utilizzato nelle condutture idriche). La sua opposizione all’acqua, che è la base della vita, ci indica che la realtà pesante e opprimente del piombo è affine alla morte. Ciò avviene anche nelle reazioni chimiche, nelle quali il piombo, in virtù della sua semplice chimica anidra, reagisce facilmente con qualunque agente, ma forma un precipitato insolubile che cade pesantemente sul fondo e si chiude a qualunque altro processo, nell’irrigidimento di ogni forza chimica. La sua affinità per le forze di morte è evidente anche nell’ambito subatomico: qualunque minerale radioattivo al termine del suo decadimento si trasforma in piombo, che ne rappresenta la tappa finale e definitiva. Infatti la “vecchiaia” di un minerale radioattivo si misura proprio in quantità di piombo in esso contenuto.

In questi rapidi cenni qualitativi possiamo trovare dei caratteri comuni che ci aiutano a formare una prima immagine del processo del piombo: la passività, l’indifferenza, il rifiuto di trasmettere ciò che arriva dall’esterno. Tali proprietà di isolamento e di limitazione sono quelle della sfera di Saturno che con la sua orbita intorno alla Terra circonda tutto il sistema planetario riparandolo dalle radiazioni cosmiche (allo stesso modo, ovunque è presente del piombo si formano dei confini).

Un altro aspetto peculiare è l’affinità coi processi di invecchiamento e di morte: nell’intossicazione cronica da piombo, che non a caso è chiamata “saturnismo”, si ha devitalizzazione e mineralizzazione progressiva di tutto l’organismo, in particolare del sistema nervoso, che porta verso una vera e propria mummificazione. Sappiamo dall’indagine scientifico-spirituale che ogni intensificazione dei processi distruttivi e contrari alla vita porta a un rafforzamento della coscienza, grazie alla liberazione delle forze plasmanti dai loro compiti (con la morte fisica si ha l’elevazione massima del livello di coscienza nella totale spiritualizzazione). Tutto ciò attiene proprio al processo del piombo, che ha sempre la tendenza a “spiritualizzare” il corpo fisico. Se però con l’avvelenamento ponderale si ottiene una spiritualizzazione troppo veloce fino alla morte, il sano processo di “morte parziale” del piombo è proprio quello che ci rende coscienti e che, con l’avanzare dell’età, ci porta naturalmente a contatto con la nostra parte spirituale, ovvero con la coscienza matura che porta in sé il calore comprensivo della conoscenza umana.

Ciò è riscontrabile negli ambiti di azione del processo del piombo nell’uomo, dove agisce con processi differenziati di calore e come elemento strutturante di delimitazione verso il mondo esteriore. Con processo freddo “dall’alto” limita e diminuisce i processi vitali tramite processi di “vita morente” che permettono l’esistenza degli organi di senso e del sistema nervoso (i distretti in assoluto meno vitali dell’organismo), e tramite la mineralizzazione e l’ossificazione permettono la formazione dello scheletro; dall’altro lato, con processo di calore “dal basso”, agisce nella milza, organo di Saturno, che ha funzione di maturazione e delimitazione, e mantiene la costanza termica del corpo e il ritmo della circolazione sanguigna. La fredda delimitazione verso l’esterno permette però di sviluppare uno straordinario calore interno: il processo di morte che culmina nell’ossificazione custodisce all’interno delle ossa la sorgente della vita, poiché è proprio nel midollo osseo che si formano i nuovi globuli rossi, che poi andranno a morire nella milza.

In “Aspetti dei misteri antichi” (O.O. 232), Rudolf Steiner ci dà un’immagine poetica di questo processo di continua morte e rinascita: “Vedi lo scheletro dell’uomo, Tu contempli la morte. Volgi lo sguardo all’interno delle ossa, È la resurrezione che si rivela in te”

Entrambi questi processi appartengono alla sfera d’azione dell’Organizzazione dell’Io, dunque risulta evidente che il processo del piombo va incontro proprio alla dinamica dell’Io e non degli altri corpi costitutivi. Analogamente i processi di delimitazione e differenziazione del calore ci riportano al sistema di forze di Saturno, legato alla prima incarnazione della Terra (chiamata appunto “Antico Saturno”) in cui era presente solo calore differenziato che ha formato l’organismo di calore dell’uomo. Tale sostanza di calore si deve al sacrificio dei Troni (o Spiriti della Volontà) che tramite essa hanno dato avvio alla creazione del nostro sistema solare e, grazie a questa prima “opposizione”, si è creato anche il tempo: noi uomini siamo figli di Saturno, creatore anche del tempo (si veda di Rudolf Steiner “La scienza occulta nelle sue linee generali” O.O.13).

Come sempre questi misteri si presentano in potenti immagini nella mitologia di ogni tempo e cultura. Nella nostra tradizione greco-romana il dio Cronos-Saturno non solo rappresenta le forze della vecchiaia e della morte, ma anche la più profonda saggezza che mai si possa acquisire. È altresì il creatore del tempo che in sé contiene la fine e l’inizio di ogni cosa, divorando ciò che egli stesso crea. Nel mito, infatti, Cronos-Saturno divora i figli che egli stesso ha generato.

Francisco Goya, “Saturno che divora i suoi figli” (ca. 1820)

Una così vasta gamma di caratteristiche rende il piombo un valido farmaco per gli stati in cui siano compromessi da un lato i processi di indurimento, dall’altro quelli della coscienza. Per fare ciò il piombo verrà preparato tramite specifici processi farmaceutici tali da adattarlo alle specifiche intenzioni dell’Io, in modo che possa rafforzare queste intenzioni quando agiscono troppo debolmente, ma che le possa anche frenare quando agiscono troppo intensamente con paralisi delle forze metaboliche. In linea del tutto generale, si usa il piombo in basse diluizioni per frenare l’eccessiva vitalità del metabolismo, che comporta sempre una diminuzione della coscienza (es. nel “bambino a testa grossa”, obeso, sognatore); in alte diluizioni per contrastare, grazie all’intervento dell’Io e all’attivazione del metabolismo, l’eccessivo processo del piombo che porta a indurimenti e sclerosi (es. nell’arteriosclerosi in età avanzata).

Concludiamo con un rapido sguardo al “tipo saturniano”, ovvero quell’individuo il cui corpo astrale, nel processo di avvicinamento alla Terra per una nuova incarnazione, ha “sostato” maggiormente nella sfera di Saturno, assumendo tratti peculiari della personalità (che, lo ricordiamo, non è il temperamento, ma si integra con esso). Si presenta generalmente come una persona magra, invecchiata precocemente, spesso soggetta a malattie serie. È di buona statura e corpo emaciato con pelle secca e fredda e muscolatura debole. Ha un sistema osseo marcato, evidente dall’ossatura del viso che infossa nelle orbite i suoi occhi dallo sguardo serio, triste e scuro; ha naso lungo e fino come la bocca e i capelli grigi anzitempo. È un forte malinconico, introverso, maturato troppo presto, per cui si rifugia nel passato ed è raramente allegro o incline ai sentimenti. Di solidi principi e di pochi bisogni per vivere, agisce sempre in maniera riflessiva e coscienziosa, ma quando l’influsso di Saturno è eccessivo i principi si fissano in uno “scheletro” inflessibile di pedanti astrazioni, l’assenza di bisogni diventa avarizia, la malinconia negazione della vita: un individuo dal cuore indifferente e freddo che paralizza la gioia di vivere negli altri.

Un tale individuo, così come le caratteristiche del piombo e l’azione di Saturno, si pone in assoluta polarità col “tipo lunare” che incarna le caratteristiche della Luna, sostanziate sulla Terra nel metallo argento, del quale andremo a parlare nel prossimo articolo.

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AUTUNNO

Isola di Torcello

Autunno. Già lo sentimmo venire
nel vento d’agosto,
nelle pioggie di settembre
torrenziali e piangenti
e un brivido percorse la terra
che ora, nuda e triste,
accoglie un sole smarrito.
Ora che passa e declina,
in quest’autunno che incede
con lentezza indicibile,
il miglior tempo della nostra vita
e lungamente ci dice addio.

Vincenzo Cardarelli, Autunno (1931)

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PIANETI, METALLI E UOMO (1/8): INTRODUZIONE

C. Flammarion, “L’uomo cosmico”

“I sette pianeti non hanno in nessuna cosa un’azione più grande che nei loro metalli, che essi compenetrano con tutte le loro forze e proprietà, come se essi stessi vi fossero presenti col loro intero essere.” (Paracelso)

L’evidenza che ogni metallo è l’espressione fisica terrestre del sistema di forze di un determinato pianeta era ampiamente nota alle civiltà del passato. Tale conoscenza era istintiva, percepita direttamente dal mondo spirituale, ed espressa nel linguaggio immaginativo tipico dei popoli antichi: culti, miti e saghe. Che il rosso pianeta Marte, rappresentato dal dio della guerra, fosse associato all’azione del ferro, o che il suo polare Venere, raffigurato dalla dea della bellezza, si esprimesse nel calore e nell’accoglienza del rame, era cosa ovvia per l’uomo di precedenti epoche evolutive, così come l’incarnazione solare rappresentata dall’oro che adornava le teste dei regnanti, come i faraoni, o delle divinità solari come il persiano Ahura Mazdao.

Anche in epoche successive, come il medioevo e l’inizio dell’epoca moderna, gli alchimisti studiarono tali relazioni e le applicarono nelle loro lavorazioni, attingendo a un bagaglio di saggezza millenaria prima che la scienza materialistica la relegasse nella wunderkammer delle superstizioni: pianeti, metalli, piante, uomini, rocce, non sono altro che pezzi di materia creati dal Caso (unica divinità concessa dalla scienza) e tenuti insieme da leggi puramente fisico-meccaniche.

In piena epoca positivista, fu Rudolf Steiner a intuire che il metodo scientifico appena conquistato dall’umanità sarebbe stato uno strumento formidabile per indagare non solo nel campo del sensibile, come fa la scienza convenzionale, ma anche nella sfera del sopra-sensibile, in modo da comprendere in piena coscienza quelle relazioni note all’uomo di altre epoche solo per via istintuale, ed espresse in maniera simbolico-religiosa.In numerose conferenze Steiner affronta le relazioni tra pianeti, metalli ed essere umano (una su tutte la O.O.232 “Aspetti dei misteri antichi”), ma è nei cicli di conferenze per medici che approfondisce l’argomento non solo dal punto di vista della terapia ma anche riguardo ai processi farmaceutici di preparazione dei rimedi. Così i metalli si sono costituiti come elemento fondamentale della medicina antroposofica, e negli anni successivi sono stati oggetto di studio appassionato da parte di medici e scienziati a orientamento antroposofico (celebri gli esperimenti di Lili Kolisko che dimostrano l’influenza dei pianeti sul comportamento dei composti metallici).

Nei prossimi mesi pubblicherò su questo blog sette brevi articoli, con lo scopo di fornire un quadro generale di tali relazioni, ogni volta per un metallo-pianeta specifico, al fine di comprendere meglio non solo le basi della terapia con i rimedi metallici, ma anche l’importanza che hanno i processi planetari nella formazione delle peculiari caratteristiche fisiche e animiche di ogni essere umano, con uno sguardo agli archetipi della mitologia.

Per capire la natura dei metalli occorre volgere lo sguardo al cielo, proprio come faceva l’uomo di epoche passate. I metalli si distinguono da tutti gli altri minerali presenti sulla crosta terrestre per la loro luce e brillantezza, la loro mobilità, la duttilità, la malleabilità, la colorazione, la sonorità e, nel complesso, per il loro senso di importanza e dignità ben diverso da quello dei cristalli, che appaiono come “forme” definite e distanti, prive della vibrante vitalità interiore dei metalli. Un po’ come accade quando osserviamo nella volta celeste la fissità delle costellazioni opposta alla mobilità dei pianeti. In effetti i metalli sembrano estranei alla Terra che, oltretutto, tende continuamente a occultare se non a distruggere la loro natura, per esempio tramite processi ossidativi, ruggine, patine, formazione di leghe. Qual è dunque la patria dei metalli? Di quale processo sono il fenomeno sensibile? In epoche lontanissime nelle quali andava formandosi l’attuale Terra (si veda Rudolf Steiner O.O.13 “La scienza occulta nelle sue linee generali”), le forze cosmiche di ciascun pianeta, che si manifestavano come colori nell’atmosfera, si sostanziarono man mano nel corpo terrestre come metalli: al pari di ogni sostanza terrestre, anche i metalli sono la fase conclusiva di processi giunti a quiete nella materia, che in questo caso corrispondono proprio ai processi planetari. Tramite opportune lavorazioni farmaceutiche e successive dinamizzazioni, si è in grado di “riaprire” i metalli alle forze cosmiche corrispondenti, così da farli agire sugli organi e sulle funzioni corporee e animiche governate dalle medesime forze, come vedremo nei prossimi articoli.

Nell’attuale fase evolutiva della Terra, i metalli sono presenti in dispersione finissima in tutta l’atmosfera e la crosta terrestre (del solo ferro ne cadono ogni anno sulla Terra circa 16000 tonnellate sotto forma di polvere cosmica), ma come minerali in giacimenti sono localizzati in precise e diverse aree geografiche, che corrispondono alle zone della Terra dove agisce con più forza un determinato pianeta. I sette metalli principali di cui ci occuperemo (piombo, stagno, ferro, oro, rame, mercurio, argento) corrispondono all’azione pura e senza interferenze dei sette pianeti visibili a occhio nudo dalla Terra (Saturno, Giove, Marte, Sole, Venere, Mercurio, Luna), mentre gli altri metalli originano dall’azione combinata di due o più pianeti, come per esempio l’antimonio che corrisponde all’azione congiunta di Venere, Mercurio e Luna.

Per iniziare a comprendere le relazioni che legano i pianeti ai metalli corrispondenti, occorre confrontare le caratteristiche astronomiche dei primi (in un’ottica ovviamente geocentrica) con quelle fisico-chimiche dei secondi.

Come illustrato a livello esemplificativo in tabella, i sette metalli si dispongono sempre secondo un preciso ordine riguardo alle loro caratteristiche chimico-fisiche (nel caso del mercurio, l’unico in forma liquida, non sono direttamente confrontabili), che corrisponde appunto alla distanza dei sette pianeti dalla Terra, partendo dal più lontano al più vicino, ma anche alla loro velocità di rotazione in gradi, dal più lento (Saturno) al più veloce (Luna).

tratta da: V. Bott “Medicina antroposofica”

Inoltre, se disponiamo pianeti e metalli sempre nel medesimo ordine su una circonferenza con il Sole-oro all’apice, troviamo le coppie polari di pianeti-metalli portatori di forze in opposizione.

tratta da: W. Pelikan “I sette metalli”

Le stesse coppie polari si evidenziano se disponiamo i metalli per peso atomico crescente, sempre lasciando l’oro all’apice. Si possono trovare altre corrispondenze dello stesso tipo applicando ulteriori parametri.

tratta da: V. Bott “Medicina antroposofica”

Tale ordine planetario non è altro che quello seguito dall’anima nel suo processo incarnatorio (freccia discendente I in figura) verso una nuova vita sulla Terra, dove a seconda del tempo di permanenza in ciascuna sfera planetaria, il corpo astrale assumerà inclinazioni caratteriali specifiche con prevalenza di un pianeta rispetto agli altri (si parlerà così di tipo marziale, tipo gioviano, tipo lunare, e così via). Ciò, unito alla specificità di ogni sfera planetaria per determinati organi (per esempio, Giove sul fegato, Sole sul cuore), risulta fondamentale per impostare correttamente una terapia metallica. A tal fine non bisogna trascurare l’opposta corrente escarnatoria (freccia ascendente II in figura) che si fa prevalente nella seconda metà della vita (quando il corpo astrale inizia a prepararsi per affrontare il passaggio nelle sfere planetarie in ordine inverso) e che presenta per ciascun metallo effetti terapeutici differenti rispetto alla corrente incarnatoria. Non da ultimo è da tenere presente il risvolto biografico, ovvero il settennio in cui si trova a vivere il paziente, considerando che ciascun settennio è sotto l’egida di un determinato pianeta.

Canova, “Marte e Venere”

Per quanto riguarda invece la preparazione farmaceutica dei rimedi metallici, compresi i metalli vegetabilizzati, il farmacista dovrà sempre procedere rispettando i cicli dei relativi pianeti (distanza dalla Terra, eventuali congiunzioni o eclissi) che influenzano le lavorazioni metalliche, a maggior ragione quando estremamente diluite e dinamizzate, dunque più “aperte” alle forze cosmiche. Per fare un esempio, il Plumbum mellitum, un rimedio a base di piombo e miele, viene preparato ogni trent’anni circa, che corrispondono al ciclo di rivoluzione di Saturno, in modo da lavorare quando il pianeta è nel momento di massima vicinanza alla Terra e le sue forze risultano quindi più intense.

Nel prossimo articolo affronteremo proprio il piombo, incarnazione terrestre di Saturno, pianeta posto ai confini del nostro sistema solare.

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COSTANTINO “IL GRANDE”

Ricostruzione della statua colossale di Costantino

Non ho mai amato Costantino (ho sempre tifato per Massenzio), ma non posso che ammirare questa ricostruzione in scala originale della sua statua colossale di 13 metri, eretta all’indomani della vittoria a Ponte Milvio, e da lui fatta piazzare beffardamente proprio nella basilica di Massenzio. Certo, la Storia non si fa con i “se”, ma una vittoria di Massenzio quel famoso giorno a Ponte Milvio avrebbe davvero cambiato la storia del mondo. In hoc signo vinces, invece.

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MONTE PARNASO

“Da là pieno d’ira, tu, Apollo, procedesti velocemente verso il monte e giungesti a Cresa, collina rivolta a occidente, alle pendici del Parnaso ricoperto da neve. Su di essa incombe una rupe, e al di sotto si estende una profonda valle scoscesa. Là Febo Apollo, il dio, decise di innalzare l’amabile tempio.” (Omero, Inno ad Apollo)

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SOL INVICTUS

Il sole torna a vincere sulle tenebre.

Dopo il solstizio d’inverno le ore di luce iniziano gradualmente ad aumentare e il sole a riavvicinarsi alla terra, fenomeno che comincia a essere visibile dal 25 dicembre. In quel giorno, nel tardo Impero Romano, si celebrava appunto il Sol Invictus, culto dal sapore monoteistico di provenienza orientale che aveva acquisito sempre maggior seguito, grazie soprattutto a imperatori come Eliogabalo e Aureliano. Per questo si decise nel 354 d.C. di celebrare la nascita di Gesù proprio in quel giorno, come la divinità solare che si incarna per vincere le tenebre, festività che si sovrappose, come avverrà per tutte le feste cristiane, a celebrazioni pagane già esistenti.

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IL SISTEMA PERIODICO

Piccolo capolavoro, forse un po’ dimenticato, di quel grande scrittore che è Primo Levi.

Ventuno racconti legati l’un l’altro dalla progressione temporale che scandisce gli anni più intensi e drammatici del secolo breve, narrati con garbatezza e ironia da Levi in veste di chimico, mestiere che l’ha portato in diverse situazioni lavorative e di vita, non da ultima quella come prigioniero alla fabbrica di Buna, vicino Auschwitz (che sarà narrata nel racconto “Vanadio”). Solo in quest’ultimo caso parla direttamente degli anni di prigionia – per i quali l’autore stesso rimanda ai suoi testi più celebri – presentandoci invece un vivido spaccato umano dell’Italia anni Trenta e di quella del Dopoguerra, vera preziosità del libro.

Ogni racconto è dedicato a un elemento della tavola periodica – Idrogeno, Ferro, Potassio, Nichel, per esempio, ma anche i meno noti Cerio e Argon – che entra direttamente o per vie traverse nel racconto, sempre in maniera geniale.

Una lettura fluida e leggera, ma solo in apparenza, perché i temi toccati dallo scrittore trasmutano nel profondo, come “l’oscura materia” che Levi ha esplorato per tutta la vita alla ricerca di una certezza.

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GLI ULTIMI GIORNI DELL’IMPERO ROMANO

La caduta dell’Impero Romano, sebbene sia stato un processo lungo decenni e non un evento preciso, rappresenta un enigma che ha affascinato nei secoli storici, artisti, scrittori.

Michel De Jaeghere, direttore del “Figaro Histoire”, traccia un memorabile studio del basso Impero (più o meno da Costantino a Romolo Augustolo, più qualche sconfinamento nei regni romano-barbarici) non solo dal punto di vista storico, ma anche socio-culturale, economico e politico. Nonostante la complessità del tema e il numero di pagine, la lettura scorre fluida e avvincente (a patto di non perdersi nel copioso apparato di note), ovviamente consigliata solo a veri appassionati del genere.

Fa piacere constatare il netto rifiuto da parte dell’autore delle strampalate definizioni di una certa storiografia (in particolare nordeuropea) che considera l’ingresso dei Barbari non un’invasione, ma un’innocua “migrazione di popoli”. In realtà i Barbari attaccarono e distrussero con ferocia ciò che non potevano possedere né comprendere, certamente molto agevolati dall’erosione interna dell’Impero e dei suoi valori, dall’apatia dei suoi abitanti e dalle faide di classe dirigente ed esercito (composto, tra l’altro, di soli Barbari ormai): una civiltà muore sempre per una malattia sua propria, anche se il colpo finale arriva dall’esterno (e in questo l’autore trova molti interessanti parallelismi con la situazione attuale dell’Occidente). Pure il ruolo del Cristianesimo è visto in senso centrifugo, benché inevitabile e per certi versi l’unico continuatore della tradizione imperiale.

Difficile descrivere in poche righe il valore di questo libro, che trovo fondamentale per avere un’immagine esaustiva e dettagliatissima di un periodo storico spesso affrontato superficialmente e per stereotipi.