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L’ULTIMO CARNEVALE DEL MONDO

Vi giuro, quel giorno Venezia era così. Nessun filtro. Un cielo al tramonto che sembrava uscito dal pennello di Tiepolo, il riflesso sui canali immobili di bassa marea e un silenzio assoluto, imprevisto per l’ultima domenica di carnevale, il giorno in cui tutto precipitò.

A dire il vero non avevamo capito molto, quando appena risorti dai bagordi notturni ci vomitarono addosso messaggi e telefonate: coronavirus, carnevale cancellato, feste vietate, partenze di massa, quarantene, contagi, morti.

Al carnevale la percezione degli eventi esterni alla laguna è falsata e trasfigurata, sempre ammesso che avvenga. Per cui – dopo aver ricevuto assicurazioni sulla nostra unica preoccupazione, ossia il regolare svolgimento delle feste in programma – accogliemmo tali notizie con una singolare eccitazione aromatizzata dall’inquietudine: chi eravamo dunque noi che ci aggiravamo in tricorno, parrucca e bastone tra sparuti e impauriti viandanti in mascherina chirurgica? Dov’erano i confini del mondo ora improvvisamente ridotto a quell’intrico di calli e canali tinti di rosa? Ci avrebbero forse relegati lì, in quarantena, con nient’altro da indossare se non costumi settecenteschi e nient’altro da bere se non prosecco? Di questo si parlava la sera alla festa, e in tutti gli occhi leggevo la malcelata speranza che si potesse finire proprio così, in un turbine di baccanali tra soffitti affrescati e damaschi e arabeschi, abbigliati in abiti e belletto di secoli passati, sopraffatti dalla splendida depravazione della fine, come in un dipinto manierista di orge da basso impero, o nella sempiterna fascinazione degli ultimi giorni della Serenissima: l’ultimo carnevale del mondo.

Ma in questo, di mondo, non si riesce più a concepire poeticamente la vita, figuriamoci la morte. Anche il coronavirus, anziché ispirare poeti come fece la peste per Boccaccio, viene ridotto a uno sterile elenco di statistiche e danni economici. Però quel giorno, a Venezia, il tramonto aveva quella luce, mai vista una luce così. O forse non me ne sono mai accorto prima, perché la Bellezza si rende più evidente proprio nei momenti tragici. Non salverà il mondo, certo, ma può regalarci una fine sublime.

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