Rileggendo “I paradisi artificiali” di Baudelaire, il cui studio mi ispirò la scrittura dell’omonimo saggio scientifico-spirituale sulle droghe qualche anno fa, mi salta agli occhi la dedica a una donna, una misteriosa J.G.F.
Baudelaire stesso spiega nella prefazione il perché di questa scelta: le donne, in quanto esseri più vicini e aperti al mondo spirituale, sono le uniche in grado di elevare il materialismo verso un respiro più ampio rivolto al soprasensibile. Operazione mai priva di rischi, in quanto “la donna è la creatura che proietta l’ombra maggiore o la maggior luce”, come nell’ineguagliabile dipinto “La morfinomane” (1899) di Vittorio Matteo Corcos (uno dei miei pittori preferiti).
“Agli ingenui sembrerà strano e persino incoerente che un quadro delle voluttà artificiali sia dedicato a una donna, la fonte più comune delle voluttà naturali. Ma tant’è: come il mondo naturale penetra nel mondo spirituale e lo alimenta, contribuendo a formare così quell’ineffabile amalgama che chiamiamo individualità, allo stesso modo la donna è la creatura che proietta l’ombra maggiore o la maggior luce nei nostri sogni. La donna è fatalmente suggestiva, vive una vita tutta diversa dalla sua propria, vive spiritualmente nelle fantasie che suscita e feconda.”
(Baudelaire, “I paradisi artificiali”, 1860)