
Siamo arrivati all’ultimo articolo della serie dedicata alle relazioni tra pianeti, metalli e uomo, e non poteva essere dedicato ad altro se non al Sole, reggitore del sistema solare, e all’oro, sua incarnazione terrestre e re di tutti i metalli.
L’oro infatti è l’unico metallo che si trova in natura sempre allo stato nativo, dunque mai combinato con altri elementi e mai intaccato dalle forze terrestri. Meno nobile è un metallo, più soggiace alle forze di erosione terrestre, perdendo il lato imponderabile della sua natura: luce, colore, energie raggianti si liberano tramite l’ossidazione o l’unione con altri elementi, e il metallo perde così una parte della sua natura cosmica (sono le stesse forze imponderabili che dobbiamo ridonare al metallo in fonderia per estrarlo dal minerale). L’oro è il metallo che conserva intatta questa sua natura cosmica, e l’elemento cosmico che lo costituisce è quello del Sole. Si potrebbe dunque pensare che l’oro esprima solo l’elemento cosmico di luce, mentre in realtà è portatore anche dell’elemento terrestre del peso e dell’oscurità. Nessun metallo come l’oro oscilla tra la luce e il peso, anche in senso spirituale, e lo dimostra la sua storia.

L’oro si situa preferibilmente in vicinanza della superficie terrestre, infatti in ogni miniera il contenuto d’oro diminuisce all’aumentare della profondità. Ama particolarmente quella sostanza “tutta luce” che è la silice (il quarzo), ma non si combina mai con essa, venendo infatti “ospitato” nei graniti ricchi di silice nella misura di un grammo per tonnellata (in pratica una diluizione omeopatica in D6). Un altro minerale indicatore della presenza dell’oro è la pirite, un solfuro di ferro: dunque l’oro si situa sempre tra luce (quarzo) e peso (pirite), tra il processo di “forma” dei pianeti soprasolari (processo della silice) e il processo di “dissolvimento” tipico dei pianeti sottosolari (processo dello zolfo).

Ciò è evidente anche nelle forme con cui si presenta: forme organiche (felci, capelli, foglie) già viste per i metalli sottosolari come il rame o l’argento, ma anche in cristallizzazioni come tetraedri o ottaedri, tipiche dei metalli soprasolari come il piombo. Anche nel suo manifestarsi come forma, l’oro abbraccia tutte le possibilità. Infatti, secondo gli alchimisti, l’oro era l’unico elemento in grado di esprimere in forma bilanciata i “tria principia”: sal, mercur e sulfur, che si ritrovano nelle sue straordinarie qualità di peso, duttile fluidità e luminosità.

Riguardo alla luminosità, l’oro ama brillare, ama la luce, al punto che cerca di occupare la superficie più estesa possibile e si lascia stendere in fogli il cui spessore può arrivare fino ai 10 micron. Una lamina del genere lascia trasparire una luce verde, mentre una soluzione colloidale d’oro, anche diluitissima (1:100.000.000) tinge l’acqua ancora chiaramente di color porpora (tali soluzioni venivano utilizzate per colorare i vetri delle cattedrali): il giallo dell’oro metallico sta quindi a metà tra il verde e il rosso.
Riguardo alla duttilità, l’oro è la sostanza più duttile e malleabile che conosciamo: oltre alle lamine appena viste, da un grammo d’oro si possono tirare fili di due chilometri di lunghezza. Ciò indica una straordinaria fluidità interna, che giustifica l’ottima conducibilità sia per il calore che per l’elettricità.

Infine, all’altro polo, l’oro è un metallo molto denso, pesante, indistruttibile, che indica l’intensa forza della sua esistenza materiale: è il più pesante di tutti i metalli (densità 19,3 contro 11,3 del piombo). Inoltre è così “nobile” che con estrema fatica si lascia sciogliere e unire ad altri elementi, indice di una grande egoità: bisogna infatti utilizzare un agente ossidante potentissimo, l’acqua regia (miscuglio di acido nitrico e acido muriatico), per portarlo allo stato salino come tricloruro d’oro.

Abbiamo dunque visto la polarità luce-peso dal suo lato sostanziale, ora possiamo innalzarci al livello spirituale: niente come l’oro è stato capace di suscitare nell’uomo sia i sentimenti più elevati di bellezza e magnificenza (luce), sia quelli più bassi di brama, avarizia e cupidigia (peso). Nei tempi più antichi l’oro era al servizio del culto, apparteneva al re-sacerdote che lo amministrava per la divinità solare, come per esempio presso gli Egizi coi faraoni. Da sempre usato per cingere la testa del regnante con una corona pesante, segno di grande responsabilità: tu devi essere il Sole sulla Terra, e cioè prendere decisioni tra spirito e materia (tra luce e peso). Del resto i miti, i misteri e le religioni dell’antichità hanno sempre descritto il Sole come sorgente di luce-saggezza, calore-amore, vita-forza creatrice (Ahura Mazdao per i persiani antichi, Osiride per gli egizi, eccetera).

La vittoria quotidiana del Sole sull’oscurità evoca la vittoria dello spirito immortale sulla natura istintuale. Per esempio Mitra che sconfigge il toro, simbolo della Terra, nel solstizio d’inverno, con il mito del “sol invictus”: la cristianità ha conservato quella festa, dedicandola all’altra divinità solare, il Cristo.

Sia l’oro egizio che l’indiano vengono accumulati nelle mani di un uomo dalla personalità forte e “solare”, Alessandro Magno, ma alla sua morte continua a redistribuirsi per finire nelle mani dei Romani. Da lì continua a fluire verso est, di nuovo al medio-oriente con gli Arabi, poi viene estratto in occidente e portato sempre verso oriente dagli Spagnoli: la conquista del Nuovo Mondo era in realtà una brama insaziabile d’oro che ha sterminato popolazioni e generato guerre. Anche questo è l’oro.

Dall’età moderna in poi inizia a concentrarsi nei forzieri di chi detiene il potere economico mondiale, il Regno Unito e poi gli Stati Uniti: così l’oro va verso ovest, ridotto alla sua mera valenza economica. Attualmente questo metallo così nobile, fatto per diffondersi e mettersi in mostra, stabilendo un ponte tra spirito e materia, è costretto a concentrarsi in pesanti lingotti, immobilizzato nell’oscurità sotterranea di fortezze come Fort Knox.

In questa maniera, l’oro è distolto dalla sua missione: invece di contribuire all’elevazione dello spirito, diventa strumento del potere materiale di un ordine economico meccanico che aspira al dominio del mondo. Anziché splendere nella luce, viene posto nelle forze buie del subterrestre. Anche qui è evidente la sua polarità tra luce (portata all’estremo con l’influsso luciferico, come nell’antichità) e peso (portata all’estremo con l’influsso arimanico del presente). Ciò è specifico solo dell’oro e di nessun’altra sostanza. Rudolf Steiner ci dice che Arimane si collega, si “afferra”, alle vene d’oro della Terra. Se lo richiudiamo nelle profondità della Terra lo leghiamo tutto ad Arimane.

Da questo punto di vista è interessante osservare il processo di estrazione e accumulo dell’oro. Innanzitutto, nonostante l’oro sia distribuito su tutta la superficie terrestre, i giacimenti di gran lunga più importanti si trovano in Africa, il continente in cui l’attività solare arriva al massimo grado di purezza e che si può considerare come il cuore della Terra. Le più grandi e importanti miniere del mondo si trovano in Sudafrica: adesso ormai l’oro non si trova più in pepite, ma in grossi conglomerati di quarzo che vengono estratti a circa 4000 metri di profondità, dal momento che l’oro superficiale è già stato tutto estratto nel corso della storia. È una profondità enorme, con temperature fino a 70°C che necessitano di condizionamento per farle scendere almeno a 40°C, e con condizioni di lavoro pessime per i minatori (inoltre, per estrarre l’oro dal quarzo si usa cianuro di sodio che genera rifiuti altamente tossici). Nonostante la bassa concentrazione di oro e le spese da affrontare, anche in vite umane, le miniere sono attive esclusivamente per la brama d’oro, dalla quale l’uomo non è mai riuscito a liberarsi. Una volta estratto e purificato, l’oro viene ricomposto in barre e portato in Svizzera dove viene tagliato in lingotti da un chilo. E, dopo tutta la fatica per portarlo fuori dalla terra, viene rimesso sottoterra nei caveaux, legandolo appunto alle forze arimaniche.

Anche nella sua storia – che è poi la storia dell’umanità – è evidente la sua natura di sostanza tra luce e peso, e proprio sfruttando queste sue polarità, potremo con le opportune diluizioni utilizzare l’oro a livello terapeutico. In linea generale possiamo dire che le basse diluizioni (D6-D10) agiscono nel senso della corrente dell’incarnazione, della materializzazione; le alte (D20-D30) agiscono nel senso della escarnazione, della spiritualizzazione; le medie (D15) hanno proprietà equilibratrici. Di preferenza quindi si andrà a prescrivere oro in basse diluizioni per quei soggetti giovani il cui processo di incarnazione va rafforzato, le altre ai soggetti meno giovani in cui va incentivato il processo escarnatorio. Per esempio, gli anziani che cedono alle forze di gravità lo fanno più per una debolezza del corpo fisico che per un insufficiente processo incarnatorio. Non bisognerà quindi prescrivere oro in basse diluizioni, ma al contrario in alte, al fine di aiutare l’Io a staccarsi progressivamente da un organismo divenuto troppo materiale. Ciò è particolarmente utile quando più avanti con l’età persiste una predominanza della corrente incarnatoria che dà un invecchiamento precoce, sclerosi, e una tendenza dell’organismo a diventare “troppo fisico”: il sangue diventa ipercoagulabile e appaiono le trombosi. Da ciò si evince che l’oro agisce con particolare efficacia sulla circolazione e sul sistema ritmico in generale, essendo il cuore l’organo solare dell’essere umano.

Le stesse qualità le troveremo nel “tipo solare”, ovvero quell’essere umano che nel processo incarnatorio ha ricevuto le influenze maggiori dal Sole rispetto ad altri pianeti. Presso i Greci, la divinità solare Apollo era il portatore della luce, della verità, della bellezza, dell’ordine morale e dell’armonia che ordinava il caos, era la divinità guaritrice (padre di Esculapio, dio della medicina) che equilibra e armonizza le forze dell’anima (pensare, sentire, volere).

Dunque il “tipo solare” sarà di natura vigorosa, vitale, equilibrata e armoniosa, ben incarnato e poco soggetto a malattie. Il corpo ben proporzionato di taglia media, con membra lunghe e mani affusolate e sensibili, dal portamento disinvolto e l’andatura morbida, il cammino ritmato e i gesti graziosi, pieni di padronanza di sé e di grandezza. Il viso è regolare, ovale, il cranio bombato, la fronte ampia, gli occhi grandi, brillanti e puri. Naso e bocca ben proporzionati, in armonia col mento, che indica un equilibrio tra pensare, sentire e volere, così come l’espressione benevola, seria e calma, nonché il comportamento sereno e nobile. In quanto nature solari, hanno bisogno del sole per vivere bene e si rigenerano presto alla sua luce, mentre soffrono d’inverno. Sono autosufficienti, vivono in pienezza e con grandi forze psichiche. Il loro cuore – organo solare – è ben sviluppato per avere una fine percezione del bene e del male, e guida il loro pensare, sentire e volere. Il loro senso della verità è incorruttibile e il comportamento pieno di sicurezza: come il Sole spargono luce, umanità e armonia. Si sentono ricchi interiormente e hanno voglia di donare e non di ricevere. Apprezzano soprattutto l’onestà, l’umanità, la generosità e la bontà, non sopportando la freddezza, i principi rigidi, le violazioni alla dignità umana. I loro conflitti consistono in una sicurezza di sé talvolta eccessiva e in assunzioni entusiaste di gravosi impegni che spesso consumano loro tutte le forze vitali.

Infatti l’eccesso di forze solari nei cosiddetti “ubriachi di sole” può essere comparato a un eccesso di luce e calore solari. Il soggetto è in qualche modo “ubriaco di vita”, il mondo gli appartiene. Il suo senso della verità si trasforma in un’idealizzazione senza discernimento, in un’illusione permanente. Il cuore è pieno di una gioia di vivere strabordante, un’esagerata consapevolezza di sé, una confidenza cieca e beata. Si allarga nell’ambiente e sottostima i propri difetti e le difficoltà esterne. La volontà segue senza freni la natura di fuoco e sperpera senza discernimento le proprie forze, capacità e beni materiali: ogni traguardo sembra raggiungibile. L’ubriaco di sole è ben rappresentato dal mito di Icaro. All’inizio tale sovraccarico porta a un aumento di attività intellettuale, di energia e intraprendenza: tutte le funzioni sono accelerate, centrifughe, l’eccitazione e la fretta aumentano sempre di più, sembra che niente possa stargli dietro. Così la coscienza si offusca, tutto è sommerso dalle emozioni, dall’ipertrofia del sentimento dell’Io, fino a manifestazioni non controllate della volontà, come violente esplosioni di collera, follia furiosa e mania. In questi casi si somministra oro in basse diluizioni (Aurum D4-D10) che enfatizza le “qualità peso” dell’oro e attenua così i processi eccessivi di calore che provocano iperattività, agitazione, eccitazione e collera, idealizzazione senza basi, perdita del legame col terrestre, fuga dal mondo, mania e follia furiosa.

All’altro polo troviamo i “senza sole”, ovvero quegli individui nei quali forze solari insufficienti evocano una mancanza di luce e calore solari. Il soggetto ha poca luce interiore, è come gelato, catturato da una tendenza centripeta egocentrica. Il suo pensiero, cieco a qualunque ideale, è senza la capacità di spiccare il volo e incatenato alla materia, incapace di elevarsi al mondo delle idee e di entusiasmarsi per gli alti ideali, che lo lasciano freddo. Il “senza sole” è incapace di scaldarsi e di amare la vita. La mancanza di una sana consapevolezza di sé e del gusto della vita, la mancanza di fiducia in sé, la malinconia, l’autocritica, le autoaccuse senza fondamento e le angosce, gli tolgono ogni sicurezza e lo spingono alla disperazione. Il polo del calore è debole, l’energia e la forza di volontà sono minime: il soggetto non osa impegnarsi a fondo e non si sente capace di affrontare i compiti che l’attendono. L’orizzonte interiore si scurisce progressivamente, la parte luminosa della vita e degli ideali sparisce. In questi casi si somministra oro in alte diluizioni (Aurum D20-30) che illumina la coscienza, dona all’essere un impulso verso l’alto, rinforzando i legami con la sfera solare che lo liberano dal legame malsano con la materia e sollevano il pensiero. È perciò indicato nel caso di fobie, paura di vivere, mancanza di fiducia in sé, nevrosi ossessive con autoaccusa, umore depressivo fino al rischio di suicidio.

Vorrei chiudere questo articolo, e tutta la serie sui metalli, con una meditazione sull’oro che ci ha lasciato Rudolf Steiner, e che evidenzia l’importanza dell’equilibrio tra luce e peso:
Guarda nella tua anima forza di luce / senti nel tuo corpo potenza del peso. / Nella forza di luce irraggia l’Io spirito / nella potenza del peso domina lo spirito divino. / Ma non deve la forza di luce afferrare la potenza del peso / né deve la potenza del peso invadere la forza di luce. / Se la forza di luce afferra la potenza del peso / e la potenza del peso penetra nella forza di luce / si congiungono in cosmica follia anima e corpo in rovina.