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PIANETI, METALLI E UOMO (6/8): IL FERRO E LE FORZE MARZIALI

Il ferro è di gran lunga il metallo più diffuso sulla crosta terrestre e rappresenta il quarto elemento più abbondante in assoluto, dopo ossigeno, silicio e alluminio. È curioso pensare che un elemento così comune non esista in forma nativa sulla Terra ma sia esclusivamente di origine stellare, cadendo in maniera costante sotto forma di polvere cosmica nella misura di circa 16000 tonnellate all’anno. Come tutti i metalli presi in considerazione negli scorsi articoli, anche il ferro ha zone preferenziali di accumulo sulla Terra (ovvero, giova ricordarlo, aree della Terra sottoposte a un maggiore irraggiamento da parte del corrispondente pianeta, Marte in questo caso) che corrispondono a una “cintura” localizzata nelle aree temperate dell’emisfero settentrionale: Cina del Nord, Russia, Germania, Francia, Gran Bretagna, Nord-America, aree inoltre ricche di giacimenti di carbone, l’elemento carbonio per il quale il ferro mostra una particolare affinità (con esso forma tutte le leghe d’acciaio). Questi giacimenti si trovano vicini proprio a quelle popolazioni che se ne sono servite per inaugurare l’età della tecnica, ma anche, più indietro, a popoli come i Romani che hanno compiuto la completa incarnazione dell’uomo nel terrestre e hanno iniziato a servirsi del ferro anziché del bronzo – e quindi del rame, suo metallo polare – come i Greci.

Cesare Ottaviano Augusto

Da ciò iniziamo a conoscere le caratteristiche principali di questo metallo e la sua relazione privilegiata con l’Io umano: il ferro è il metallo dell’incarnazione, presente fisicamente nel sangue che così assume in sé la legge del minerale terrestre permettendo all’Io di svegliarsi nella sua coscienza e di inserirsi pieno di forza nel mondo. Ogni essere vivente ha la necessità di respirare – il respiro è la vita – e utilizza delle particolari molecole chiamate “porfirine”, tutte più o meno simili nella struttura, ma differenti per il metallo che inglobano come agente scambiatore di ossigeno: se nelle piante è il magnesio, negli organismi acquatici inferiori è il rame (come vedremo meglio nel prossimo articolo), mentre il ferro appare per gli organismi superiori. Il ferro è dunque il metallo della coscienza, che da una parte giunge dal cosmo ma dall’altra è fortemente legato ai processi terrestri, in particolare al magnetismo, e la sua quantità nell’emoglobina del sangue (sideremia) come metallo della respirazione indica proprio una maggiore o minore possibilità d’incarnazione dell’Io (generalmente più alta nei maschi, maggiormente incarnati, che nelle femmine, non totalmente incarnate ma proprio per questo più “aperte” al cosmo).

Ferro

È noto che in persone anemiche si ha un’attenuazione della coscienza, una mancanza di attività o volontà che può arrivare fino allo svenimento, indice di un’organizzazione dell’Io che non riesce a operare in profondità nel corpo fisico. Per esempio, in medicina antroposofica si somministra Ferrum Sidereum in opportuna diluizione per contrastare le malattie febbrili, “richiamando” proprio l’Io a ritrovare il suo percorso attivo nel corpo fisico, il cui smarrimento aveva permesso l’instaurarsi della malattia.

Pirite

L’irradiazione delle forze incarnative e di coscienza del ferro avviene dall’alto verso il basso attraverso la laringe, organo marziale, opponendosi alla tendenza anabolica, propria dello zolfo, che proviene dalla parte inferiore dell’organismo. Ovviamente, quanto più occorre forza anabolica, tanto più bassa sarà la sideremia, come per esempio avviene nel neonato che non ha bisogno di forze di coscienza bensì di costruzione proteica. Va da sé che nei casi in cui i processi anabolici dal basso vadano a “strabordare” verso il polo superiore (il cui confine è proprio la laringe) con patologie come laringiti o bronchiti, bisognerà somministrare del ferro, in questo caso orientato a contrastare proprio i processi sulfurei: farmaco d’elezione è infatti la pirite, un solfuro ferroso. Questo è uno dei più comuni minerali del ferro, e ben rappresenta la capacità del ferro di dominare i processi proteici dello zolfo, “fissandoli” nella materialità inorganica.

Heinrich Fueger, «Prometeo ruba il fuoco» (1817)

Se la pirite racconta del rapporto del ferro con l’elemento fuoco, altri minerali dimostrano la straordinaria reattività che ha il ferro per gli altri elementi (per approfondimenti rimando al libro di Wilhelm Pelikan “Sette metalli”): con l’aria, ossia l’ossigeno, nella magnetite, la crisolite e la rossa ematite dal potere cauterizzante; con l’acqua nei minerali come la limonite, formati dalla disgregazione della pirite ad opera degli agenti atmosferici; con la terra, dunque con i composti del carbonio, in minerali come la siderite e negli innumerevoli acciai creati dall’uomo, il cui capostipite è la ghisa. Fin dai suoi primi utilizzi, infatti, il ferro ha sempre richiesto l’intervento attivo dell’Io umano per la sua estrazione e lavorazione, ricambiandolo con strumenti carichi di forza e di capacità di operare nel profondo dell’ambito terrestre. Se in epoca greco-romana venne utilizzato prevalentemente in campo bellico (opponendosi al rame, come vedremo, confinato nell’ambito artistico o domestico), nella successiva epoca dell’anima cosciente il ferro è stato (ed è) lo strumento principale per la meccanizzazione e la tecnologia, indirizzando la sua forza offensiva verso la modifica, e spesso la distruzione, della natura e della vita umana. D’altronde questo è l’impulso del pianeta Marte di cui rappresenta l’incarnazione terrestre, nonché delle divinità da sempre ad esso associate, come Ares per i Greci e il dio Marte per i Romani: dio della guerra, focoso guerriero nella schiera dell’Olimpo, sempre con armatura, scudo e lancia di ferro, fermo e senza paura, coraggioso fino alla temerarietà, spesso irascibile e attaccabrighe, capace in un attimo di scatenare un’ira furiosa e cieca (ovvio pensare all’eroe marziale per eccellenza, Achille, che esprime tutte le caratteristiche del tipo “ferro” che vedremo tra poco).

Cicerone

Come già accennato, nell’antichità i Romani furono il primo popolo a esprimere compiutamente l’impulso di Marte-ferro che non va ricercato solo nella loro natura bellicosa, nel coraggio e nella superiorità militare, ma soprattutto nell’insieme della loro vita sociale e civile, dove per la prima volta apparve l’individuo ben netto e differenziato dagli altri, dunque pienamente incarnato. Ciò è riscontrabile nel diritto civile dove è riconosciuta la persona – l’Io sono – e la tutela della proprietà privata, nell’incomparabile arte oratoria che utilizzava proprio la laringe come arma, ma anche nell’iconografia e nella statuaria: se fino ai Greci le fattezze di un busto si rifacevano più alla funzione del soggetto che non alle sue reali sembianze (il faraone, il filosofo, il generale), dalla Roma tardo-repubblicana in poi veniva realmente ritratto il soggetto: Silla ha le sue fattezze ed è diverso da Cesare che è diverso da Augusto, chiaro segnale che l’uomo viene riconosciuto come individualità unica e separata dagli altri, eliminando ogni residuo di anima di gruppo. Del resto anche il saluto romano non è altro che una “i” euritmica a rappresentare il percorso incarnatorio dell’Io nella verticale.

Marte

Quando però queste forze incarnatorie si spingono troppo dentro al corpo, l’individualità degenera verso il basso egoismo e la collera. Questo processo è ben rappresentato dalla funzione della cistifellea, altro organo umano sottoposto alle forze di Marte-ferro: lì avviene la secrezione della bile, sostanza derivata dal sangue come forza di calore distruttivo che servirà al catabolismo dei grassi. Disfunzioni in eccesso in questa sede portano a una sovrabbondanza di processi marziali catabolici che si riflettono in iperattività e accessi di collera (anche nel linguaggio ci si riferisce proprio alla bile: verde di rabbia, travaso di bile, sangue amaro), mentre disfunzioni in difetto portano a una carenza di calore e dunque di volontà, fino alla mancanza del coraggio di vivere. In entrambi i casi si somministrano rimedi a base di ferro con lo scopo di riequilibrare queste funzioni marziali, come per esempio il metallo vegetabilizzato Chelidonium ferro cultum che utilizza la celidonia, pianta affine al processo marziale, per veicolare le forze del ferro da essa stessa dinamizzato.

Charles-Antoine Coypel, «La furia di Achille» (1737)

Per concludere, come sempre, diamo uno sguardo al “tipo marziale”, ovvero quell’individuo nel cui processo incarnatorio sono state predominanti le forze di Marte. Da tutto ciò che abbiamo esposto finora, non sarà difficile individuare le sue caratteristiche, per molti versi affini al temperamento collerico. Di aspetto robusto, compatto, ben piantato a terra (il ferro appunto è il metallo dell’incarnazione), lo sguardo vivo, imperioso e sicuro di sé, dall’intelletto penetrante e la volontà potente che lo rende capace di imporsi sugli altri spesso senza tenere conto delle esigenze altrui, e dai sentimenti sempre ben chiusi in una corazza. Tuttavia, nel tipo marziale maturo e in equilibrio, si notano grandi e cavallereschi sentimenti in un individuo sempre leale, deciso e coraggioso, fedele alla parola data e sul quale si può sempre contare. Guidato sempre da un intelletto oggettivo e pratico, giudica con pertinenza gli eventi, poi passa all’azione in maniera pulita ed efficace, trovando sempre la maniera e la parola giusta: “Veni Vidi Vici”, espressione di Giulio Cesare che riassume efficacemente le caratteristiche del tipo marziale, peraltro da lui ben incarnato (altri celebri “marziali” sono per esempio Napoleone e Mussolini). Ovvio che in un tipo che ha sempre bisogno di azione, di lotta e di competizione – anche con se stesso – questo luminoso equilibrio sia sempre in bilico, col rischio di cadere in un eccesso di disposizioni marziali che configurano un “posseduto da Marte” eccessivo nella volontà, temerario, battagliero, violento, dittatore, guidato non più da un pensiero logico ma istintivo che può portarlo fino alla furia distruttiva qualora non riesca a mettere il resto del mondo ai suoi comandi. Per contro, gli individui che non hanno sufficienti disposizioni marziali possono essere paragonati agli anemici: privi di dinamismo, non si coinvolgono mai rifuggendo qualunque compito e responsabilità, non hanno energie né spirito d’iniziativa, risultando sempre deboli e perdenti.

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