“Riflessioni blu su bicchiere vuoto”
(gessato su capitonné a tecnica mista, collezione privata, 2021)
“Riflessioni blu su bicchiere vuoto”
(gessato su capitonné a tecnica mista, collezione privata, 2021)
Après des années de publications extraordinaires, la maison d’édition La Tour Verte ferme définitivement ses portes. Plus que quelques exemplaires de mon roman qui ne sera plus réimprimé.
Il y a la possibilité de recevoir « L’Ange de la décadence » pour 9 euros plus frais de port. N’hésitez pas à commander votre exemplaire en écrivant à l’adresse mail suivante :
christelleroux70@yahoo.com
Disegno originale per una serie di miei ex-libris, dono della divina Sorrel Mocchia Di Coggiola.
Fra il Mio Paese – e gli Altri
C’è un Mare
Ma i Fiori – negoziano tra noi
Come Ministri.
(Emily Dickinson, “Nel vecchio cimitero”, 1864)
Ciò che resta
di un’estate
passata troppo in fretta.
Non c’è niente da fare. Ogni volta che inizio a riordinare le foto, ogni volta convinto di poter finalmente arrivare a un risultato concreto, mi areno puntuale sulle vecchie fotografie di famiglia e rimando i propositi a tempi migliori. Il problema è che ho l’impressione che i tempi migliori siano già passati da un pezzo: in questa foto la bisnonna Vittoria ai primi del ‘900 in Alessandria d’Egitto.
Non è un’installazione. O forse è l’installazione per eccellenza. Si trova nella stanza più bella di Palazzo Grimani, a Venezia, chiamata “Antiquarium” per le numerose opere d’arte antica esposte. Dal soffitto al centro della sala, illuminato da luce naturale dall’alto, scende Ganimede rapito da Zeus in forma di aquila, scultura romana su modello ellenistico. Altro che cavalli imbalsamati o banane incerottate.
La fine dell’estate è una stagione a parte, seppure breve e dai contorni sfumati, è soave, elegante e non invadente, forse anche un po’ timida, una dea minore che in pochi riescono a venerare: saziate dalla crassa estate, le formichine ritornano alle loro tristi vite e non se ne curano, il loro sguardo è già posato sull’operoso autunno. Ma la dea minore intanto riscalda gentile come la luce del tardo pomeriggio che non è ancora tramonto, simile a un’estrema opportunità di cogliere ciò che non si è riusciti a cogliere, come le cicale superstiti che provano ancora a cantare incerte, in un tardivo – e probabilmente ormai inutile – tentativo di dare un senso alla loro esistenza.
La fine dell’estate scivola via col suo umore non ancora malinconico ma non più allegro, un sentire meno grossolano, per palati fini, per quelli che riescono ad accorgersi delle ultime occasioni offerte da divinità benevole, ma non le colgono, e voluttuosamente le guardano sparire nel mare.
Buffo, e leggermente inquietante, che queste parole le abbia pronunciate proprio Angela Merkel nel suo ultimo discorso da Cancelliera. «Ogni vaccinazione è un passo verso la normalità» ha aggiunto. Già. La ormai famosa “nuova normalità”, dove per lavorare, viaggiare, cenare, fare sport, ballare e avere una vita sociale si avrà bisogno di un lasciapassare concesso dall’Autorità, il cosiddetto “Green Pass”. Senza di esso ci si trasformerà in cittadini di serie B, in reietti. È ormai evidente, come del resto è stato evidente fin dall’inizio (ne scrissi appunto nel marzo e nell’aprile del 2020), che il punto di arrivo di tutta questa vicenda sarebbe stata una progressiva revoca delle libertà personali e dei diritti costituzionali con il plauso del popolo stesso, ma francamente nemmeno io – notoriamente pessimista – credevo si sarebbe arrivati a tanto.
Fermatevi a pensare, tutti, vaccinati e non-vaccinati, non importa, perché la pandemia è solo una scusa, è la maschera sul volto discriminatorio di questo provvedimento: se accetteremo supinamente il “Green Pass”, impauriti dal vile ricatto di nuove chiusure – perché la malattia ormai non fa più paura a chi è vaccinato – permetteremo l’instaurarsi IRREVERSIBILE di un concetto contrario a qualunque Stato di diritto, ovvero che per poter vivere la propria vita si avrà bisogno di un’autorizzazione concessa a seguito di un trattamento sanitario, o di chissà cos’altro in futuro. Sì perché adesso è importante far passare questo principio sulle ali della pandemia, ma una volta instaurato non si tornerà più indietro e la nostra esistenza sarà per sempre subordinata a un QR CODE, concesso o revocato a discrezione dell’Autorità in base alle necessità del momento, che potranno anche non essere più solo sanitarie.
Fermatevi a pensare all’enormità di questo principio che si sta viscidamente insinuando sotto il clamore delle battaglie tra vaccinati e non-vaccinati. Posate l’ascia di guerra e sollevate lo sguardo al di là delle contingenze verso il futuro di noi tutti come uomini liberi, perché proprio questo è in gioco ora. Il Rubicone del lasciapassare è ormai varcato, e non si tornerà più indietro. Se i non-vaccinati ne subiranno immediatamente gli effetti e, immagino, vi si opporranno con ogni mezzo, il mio appello si rivolge soprattutto ai vaccinati che si sentono liberi con il loro QR CODE in tasca. È solo un’illusione, non siamo più liberi, nessuno: né all’esterno i reietti senza lasciapassare che schiacceranno il naso contro le vetrine dei ristoranti, né all’interno gli eletti obbedienti bravi cittadini che ingurgiteranno il loro amaro pasto di uomini in libertà vigilata.
Nell’ultimo anno e mezzo in tutto il mondo sono passati, con la scusa della pandemia, principi autoritari che mai avremmo immaginato: lockdown, coprifuoco, tracciamento, trattamenti sanitari obbligatori. Dopo lo sgomento iniziale ora sono diventati la normalità, tanto da venir agitati come spettri ormai con estrema disinvoltura da ogni uomo di governo: o fate i bravi (qualunque cosa voglia dire) o VI CHIUDIAMO. Punto. Eccola “la nuova normalità”. E in questa normalità è entrato anche il lasciapassare per vivere, a imitazione di ciò che avviene già da anni in Cina (andatevi a informare), democrazia notoriamente liberale da prendere a modello. Ci saranno i cittadini “buoni” da una parte e i “cattivi” dall’altra, privati dei loro diritti umani e sociali. Chi ha un minimo di conoscenze storiche, sa che questa divisione dei cittadini sta SEMPRE alla base dell’instaurarsi di una dittatura, ne costituisce il primo passo, quando il regime non ha ancora mostrato il suo vero volto ed è solo interessato a far passare i suoi principi discriminatori come “normali”.
Giova ricordare le parole di Primo Levi:
«Non iniziò con le camere a gas. Non iniziò con i forni crematori. Non iniziò con i campi di concentramento e di sterminio. […]
Iniziò con i politici che dividevano le persone tra “noi” e “loro”. Iniziò con i discorsi di odio e di intolleranza, nelle piazze e attraverso i mezzi di comunicazione. Iniziò con promesse e propaganda, volte solo all’aumento del consenso. Iniziò con le leggi che distinguevano le persone in base alla “razza” e al colore della pelle. Iniziò con i bambini espulsi da scuola, perché figli di persone di un’altra religione. Iniziò con le persone private dei loro beni, dei loro affetti, delle loro case, della loro dignità. Iniziò con la schedatura degli intellettuali. Iniziò con la ghettizzazione e con la deportazione.
Iniziò quando la gente smise di preoccuparsene, quando la gente divenne insensibile, obbediente e cieca, con la convinzione che tutto questo fosse “normale”.»
Anche adesso cominciamo a pensare che tutto questo sia “normale”. Certo, bisogna contestualizzare le parole di Levi ed estrarne il concetto, tenendo presente che le dittature del ventunesimo secolo non avranno le sembianze esplicite di quelle del secolo scorso con dittatori in fez e parate militari. Saranno subdole, mascherate e mutevoli, ma la prassi è la medesima, come giustamente nota A. G. Biuso: «e quindi vediamo in atto una forma di totalitarismo nuova ma dai caratteri ancora fortemente novecenteschi: informazione sottoposta ai governi, discriminazione simbolica e prassica nei confronti di categorie ben identificate di cittadini dei quali si decreta la morte sociale (apartheid), violenza psicologica, minacce e insulti verso chi non è d’accordo con alcune decisioni delle autorità in carica.»
Ovviamente non sono più la razza o la religione a dividere i buoni dai cattivi, ma il principio rimane lo stesso. A volte anche le parole. Il generale Figliuolo ha richiesto alle regioni la “schedatura” dei renitenti al vaccino per sottoporli a “chiamata attiva”; il sempre illuminante Giorgio Agamben cita nel suo ultimo articolo (che vi invito a leggere) «la dichiarazione irresponsabile di un uomo politico, che, riferendosi a coloro che non si vaccinano, ha detto, senza accorgersi di usare un gergo fascista: “li purgheremo con il Green Pass”.»
Potrei continuare a citare esempi, potrei riportare frasi di Simone Weil o di Goebbels, potrei usare l’inflazionatissima filastrocca “Prima vennero a prendere, ecc. ecc.”, ma questo è un esercizio di pensiero che deve fare ognuno di noi per arrivare a comprendere da sé l’enormità di questo provvedimento e il punto di non-ritorno che andrà a marcare. E una volta compreso verrà naturale, se siamo uomini liberi, boicottarlo con ogni mezzo. Che siamo vaccinati o no. Lo ripeto, qui non si tratta di discutere se bisogna o meno vaccinarsi: è una scelta personale che riguarda la sovranità di decisione sul proprio corpo. Il vaccino protegge efficacemente dagli esiti gravi della malattia, ma non dal contagio (come per esempio dimostrano, oltre agli studi, i numeri dell’Inghilterra) per cui è una scelta esclusivamente individuale sulla quale non entro in merito. Il Green Pass è invece un provvedimento liberticida che riguarda la società intera, contro il quale ogni uomo libero – vaccinato o meno – dovrebbe insorgere.