Nelle grotte cristalline
un popolo esuberante
viveva nell’abbondanza.
Fiumi, alberi,
fiori e animali
avevano sensi umani.
Più dolce era il sapore del vino
donato da una visibile
pienezza giovanile,
un dio nei grappoli,
un’amorosa, materna dea
cresceva nei gonfi, aurei covoni.
Era la sacra ebbrezza
d’amore un dolce rito
della divinità più bella,
un’eterna variopinta festa
dei figli del cielo
e degli abitatori della terra
passava stormendo la vita,
come una primavera,
attraverso i secoli.
(tratto da Novalis, Inni alla notte, V)